La Commissione Europea si prepara a rivedere lo stop ai motori endotermici: biocarburanti e e-fuel al centro del dibattito per una transizione più sostenibile e inclusiva.
Il panorama industriale europeo si trova di fronte a una potenziale svolta cruciale, con la Commissione Europea pronta a rivedere il discusso regolamento che prevede lo stop alla vendita di auto con motori endotermici entro il 2035. Questa decisione, parte del più ampio pacchetto “Fit for 55”, ha suscitato un acceso dibattito tra governi, industrie e sindacati, portando alla luce la necessità di discutere un approccio più equilibrato e inclusivo alla transizione energetica. L’importanza del tema risiede nella necessità di conciliare obiettivi ambientali ambiziosi con la salvaguardia delle capacità produttive e dei posti di lavoro nel settore automobilistico.

Spinta per un nuovo approccio tecnologico
Il dibattito sul futuro dei motori endotermici entra nel vivo con la possibilità di includere tecnologie alternative come i biocarburanti e gli e-fuel nel panorama legislativo europeo. Spinti da regioni manifatturiere e da alcune parti del Parlamento Europeo, vari attori hanno manifestato preoccupazioni sui potenziali impatti negativi dell’attuale strategia “solo elettrico”. Guido Guidesi, presidente dell’Alleanza delle Regioni Automotive Europee, e Isabella Tovaglieri, eurodeputata, sono tra i principali sostenitori di un approccio più diversificato. Tovaglieri ha criticato l’obbligatorietà dell’elettrico, definendola “una scelta elitaria, ideologica e tecnicamente inefficace”. Il 10 dicembre rappresenta una data chiave per verificare se Bruxelles è pronta a riaprire un dossier finora considerato intoccabile.
Scenari futuri e implicazioni
La Commissione Europea si trova davanti a tre scenari principali per il futuro della politica automobilistica. Una revisione del regolamento potrebbe portare all’adozione di una vera neutralità tecnologica, permettendo non solo l’uso di e-fuel e biocarburanti, ma anche di motori termici a basse emissioni. Un’altra possibilità è una proroga al 2040, che consentirebbe una transizione più graduale e sostenibile. Infine, mantenere l’attuale impianto normativo significherebbe rischiare di mettere l’industria europea in una posizione di svantaggio rispetto a Cina e USA. Guidesi ha sottolineato l’importanza di evitare quello che ha definito “il più grande suicidio industriale del dopoguerra”, evidenziando che la questione non è solo italiana ma coinvolge tutta l’Europa con 13 milioni di posti di lavoro in gioco.